(www.fratturascomposta.it)
Enjoy!
:)
Incontrandosi nelle curvature.
Villanueva e Mapplethorpe.
Il mio sguardo cadde in una centrifuga pallida,
troppo bianca, accecante, azzerante, una cancellazione. Tutto spariva nello
stesso momento in cui l’occhio vi si posava distratto.
I faretti luminosi amplificavano quel “white”
inglobante e trasbordante, latteo, imparziale, neutro, stavo passeggiando ad
Arte Fiera quando mi sono imbattuta nei lavori dell’artista spagnolo Santiago
Villanueva.
I lavori esposti sono del 2011 “Series Touch
Therapy”, dei senza titoli completamente bianchi, lucidi, smaltati, che
risucchiano per l’alta tattilità che invocano sussurrando, si, perché sono
incredibilmente leggeri e anacronistici alla vista, e invogliano, provocano
gentilmente, hanno voglia di essere toccati.
Villanueva riesce a sfruttare il formato standard
della tela, l’oggetto più usato e manipolato nella storia dell’arte, ma la
riveste di fredda e lucida plastica contemporanea, mischia storia e futuro, scolpisce la tela, facendole colare
addosso materiali come polistirene, vernice e vetronite.
La produzione artistica di Villanueva dal 2008 al
2013 vede una ricerca stremante verso la
purezza tridimensionale delle forme, una lucidità erotica e sublime, apostrofo
di un’atmosfera metafisica. I colori usati sono appunto lucidi e monocromi, dal
bianco al nero, al blu, al rosso, tonalità cromatiche specchianti, offrono una
realtà speculare distorta e scivolosa.
Gocce filanti e eterne cadono dal soffitto e sotto la
loro rotondità ecco contrapporsi una cumulo di polvere bianca. Compatezza e
scomposizione si trovano contrapposte ma tonalmente in armonia. Tutto è
cancellato tutto è ancestralmente concepito. La grande goccia ricorda il latte
materno uscente dal seno, o il liquido spermatico, sostanze vitali in grado di
generare vite. Vite che in Villanueva sono armonie composte ad hoc, la
formalità, ma ancora di più la materia eccede in ogni curva o colore.
Forme disciolte e bloccate per sempre, dinamismo e
staticità unite nel soffio vitale della scultura plastica e lucida che riflette
distorta lo sguardo.
La serie esposta ad Arte Fiera, rapisce per le pieghe
indiscrete che la tela concede a noi voyeur. Non si spoglia, è timida e fiera,
come una donna al primo amore, è vergine, è pura, troppo eterea per essere
macchiata da qualche rammarico imperfetto.
Le onde, le increspature sono ai margini, outsider
informi che si riposano su loro stessi, stropicciature di un pugno su qualche
letto disfatto, rievocano alcuni panneggi di una grecità remota. Ricordano
anche i panneggi delicati e soavi di Canova, di Psiche qua non è rimasto che la
piega distratta, al quale la bellezza è rimasta aggrappata per sempre e poi
basta. Le tele-scultura di Villanueva, emanano anche un forte senso di
interruzione, un’interruzione armonica, nell’oceano monocromo e piatto della
tela bianca che improvvisamente verso la cima o l’angolo infondo trova
irrequietezza increspandosi improvvisamente. Un cambio di rotta, una virata,
verso una voglia stropicciata e scremata.
Avvicinandosi all’opera e osservando attentamente le
onde, ci si perde in quel mare di lattea memoria, i ricordi scivolano
nell’orgasmo freddo dell’abisso, e in una colata di neve, qualcuno sembra
gridare sofficemente: “
sono qui, nascosto tre le linee curve di un
passaggio. Sono qui per ricordarti di quanto sia morbida una pelle un freddo
inverno, o di quanto sia caldo sciogliersi nell’estasi di un sogno vellutato.”
Tra le righe perse di un marmo si assaggia la
freddezza di un liscio tormentoso.
E in questo erotismo congelato ritrovo per caso la
glaciale compostezza formale delle muscolature impresse da Robert Mapplethorpe.
Chi meglio di lui nella cultura underground
newyorkese anni ’80 seppe coniugare alto e basso? Pornografia e nudo, il tutto
con un taglio impeccabile, una purezza formale e una prospettiva implacabile?
Quanta grecità classica in alcuni scatti fotografici? Quanta proporzione e
grazia in enormi falli in primo piano? Nervature che scivolano lente nello
sguardo, con sobrietà. Muscolature che diventano seconde pelli, e secondi panneggi.
Schiene, cosce, glutei, piedi, ginocchia, ogni
incontro nel corpo è armonia e linea, il muscolo diventa pura forma, e la linea
di una gamba è un grido nell’infinito.
Mapplethorpe cancella e azzera volgarità o impurità,
tutto è calibrato ed equilibrato.
I corpi sono liquidi freddati, curve su curve,
paesaggi quasi metafisici.
Come non ricordare anche i bellissimi fiori?
Immortalati in bianco e nero, esprimono
il loro erotismo attraverso i petali sinuosi, pieghe d’amore, una
sensualità trasbordante da ogni pistillo che diventa per l’occasione un
ipotetico fallo.
Le curvature dei petali divengono così panneggi di un
tempo perduto, la natura è uscita da sé per svestirsi di candidi panneggi.
Villanueva e Mapplethorpe in maniere diverse incitano
in noi la tattilità, propongono uno slancio a toccare quelle curve, quei corpi,
quelle insenature profonde e vorticose, invogliano a perdersi tra le loro forme
collinari e perfette.
Vogliono essere toccati…ce lo sussurrano.
Paesaggi corporei e paesaggi materici attraverso i
quali o sguardo non può che correre perdendosi leggiadro nel soffio vitale
della forma.
E’ un naufragio erotico, continuo e armonico.
Qualcuno sembra sospirare: incontriamoci là nell’infinito
di quella curvatura, scivolando lentamente.
Federica Fiumelli